Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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venerdì 15 gennaio 2010

siamo tornati ieri

Ieri alle 17.30 Vale ha terminato la lettura ad alta voce di Zanna Bianca. Un viaggio cominciato tre mesi fa, in ottobre, e finito poche ore fa. Morirà, pensavo mentre Valentina leggeva le ultime pagine del libro. Mi preparavo così a reggere l'ineliminabile necessità a cui tuttavia opponevo una attesa che, stanne certo, non sarò io a svelare. Ho seguito molti dei nostri incontri, ho patito con Zanna Bianca le sue vicissitudini, ho esultato quando, incontri inattesi e piste fortunate, lo hanno liberato da condizioni di vita durissime e durissimo è ancora assai poco. La voce di Valentina per me resterà per sempre quella di Jack London che scrive e ci narra le storie di Zanna Bianca. Un lungo filo sonoro, una pista vera e propria simile a quella che seguono i cani con l'olfatto, che ci ha portato via. Per due ore, di giovedì in giovedì, fuori di qui. Dapprima ai confini dell'Alaska poi in California, a San Francisco. Siamo alla fine dell'800. Ci siamo andati seduti intorno al nostro cerchio magico e siamo pure tornati, ieri. E ora che il libro che è stato per la prima volta fra le mani di Ilaria Materazzi si è chiuso per sempre, la sua copertina azzurra però mostra sempre la foresta innevata l' uomo col fucile coperto di pelliccia e il lupo al suo fianco, si apre dentro di me come un fiore finalmente sbocciato. Sta dondolando adesso nel mio silenzio, quello che precede le parole.
A torrenti si sono riversate in queste settimane ma nessuna è riuscita a zampillare fuori di qui, fuori di me. A queste parole invece, a queste proprio, il compito di aprire un'altra strada verso l'esterno. E' tutta a zig zag tanto la fatica che mi costa tirarle fuori. Non sembrano parole, macigni paiono. In questo luogo sassoso, di parole pietre, dondola però quel fiore. Non sta in un deserto di neve, che a valanghe è caduta sul libro e a valanghe là dentro sta. Sta in una difficoltà. In dieci forse, oltre la mia. Il miracolo del racconto si è compiuto ancora. Una storia può liberarne un'altra. E una storia straordinaria, come quella del lupo benedetto, chissà quante ne libererà.

Tere

1 commento:

Anonimo ha detto...

attenti al lupo! w il lupo!

:-)
mitralika