Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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sabato 10 gennaio 2009

Ri-Corda

I diari di Etty stanno poggiati su di un tavolo per la foto di posa. Una scala di quaderni quasi tutti con il dorso a spirale. Hanno le copertine colorate. Etty li affidò, questi otto quaderni, nelle mani di Maria Tuinzing, una infermiera che aveva una camera in affitto, come Bernard tra l'altro, nella casa dove Etty è vissuta forse a partire proprio dal 1932, ad Amsterdam, lei studentessa di lingue e letterature slave, già laureata in giusprudenza. Maria li passò così come le chiese Etty, a Klaas Smelick e sua figlia Johanna, lui era uno scrittore ed Etty sperava che grazie a lui avrebbero potuto trovare un editore. Questo sta scritto nella introduzione ai Diari, che Adelphi ha pubblicato in Italia per la prima volta nel 1985. Ma io non so se è vero che Etty li abbia affidati agli Smelick per la pubblicazione. Non lo so. In tutto il diario la sentiamo appuntare.... un giorno, quando scriverò. E una volta, in questi giorni di lettura sono inciampata nella frase, "in fondo questo è solo un diario". Una forma imperfetta a cui Etty affidava gli altissimi vertiginosi pensieri che maturava in lunghe libere pedalate fra le strade e i canali di Amsterdam. La mia amica Catia citerebbe a questo proposito Karl Popper, un filosofo della scienza che in un celebre libro di cui non sono più sicura del titolo, dice che ci sono persone che pensano solo quando il loro corpo è preso in un'azione, in un movimento. Etty ha seminato per Amsterdam fra il 1941 e il 1942 le più rivoluzionarie prese di posizione sulla vita e su Dio che io ho avuto la fortuna di incontrare. Non riusciva ad odiare i tedeschi, non riusciva ad odiare gli ebrei che fra loro, in quegli anni, hanno lottato per sopravvivere gli uni a spese degli altri. L'odio, se mai ha provato qualcosa che gli somigliasse, lo cercava senza sosta in se stessa: si metteva ore in ascolto di sè, lavorando attivamente, pedalando, camminando e amando, fisicamente, per sbarrargli la strada appena lo vedeva avvicinarsi; spesso travestito da buoni ri-sentimenti. Al suo amore per Julius Spier, che fu il suo terapeuta e poi l'amico più grande, un'amicizia piena di risvolti affettivi ed erotici, dobbiamo certamente questi appunti scritti in fretta senza curarsi della scrittura, che pare un elettrocardiogramma per quanto è astratta, in cui il lettore è subito catturato in un labirinto di vita quotidiana di amicizie di dettagli che aprono alla vita che devi leggere con la v maiuscola. Chi legge è inchiodato a una verità circondata da un fossato, come in un Castello, riempito di silenzio. Molto silenzio prima di entrare in questa cittadella fortificata dello spirito. Una rocca da far paura. I muri sono l'onestà intelletuale la trasparenza la maniera diretta di chiamare per nome le cose tutte, e se non le riesce, tacere. In questo dare i nomi, l'unico, il solo nome che non viene mai delegato, è l'odio. Etty non riesce a odiare. Trova la vita bella e gloriosa e degna di essere vissuta: tutto le interessa perchè in ogni persona, e cosa, riesce a trovare una occasione di pensiero e dunque di consapevolezza e di crescita. Alla sua ultima cartolina io devo la conoscenza di lei. La lasciò andare dalle inferriate del vagone merci che la portava ad Auschwitz, insieme alla sua famiglia, il 7 settembre del 1943. Essa fu imbucata il 15. Un soldato probabilmente la spedì. Etty lascia andare nella grande buca delle lettere del mondo l'ultimo messaggio: abbiamo lasciato il campo cantando. E con quel gesto che è l'ultimo che ci è rimasto ella in verità inizia a scrivere la sua storia nei nostri cuori. Quel Diario, che fu finalmente pubblicato la prima volta in Olanda dopo lunghe vicissitudini nel 1981, riempie di pagine la nostra vita. E le sue parole hanno il potere di mischiarsi alle nostre per una strana osmosi della sua scrittura. Come i vasi comunicanti il nostro vaso, troppo pieno o troppo vuoto, si riempie o si svuota grazie ad Etty, capace di riportare tutto a un equilibrio innato, fisiologico. Quello fra mondo esterno e mondo interno che trovano il loro punto di incontro nel gelsomino fuori alla veranda, nella statuetta di una donna africana dagli occhi profondi e selvaggi, in un faggio rosso-vino presso cui Etty bambina andava in missione privata, vicino Deventer, o le rose tea che descrive così bene poggiate sulla sua scrivania o sul comodino di fianco al letto di Spier mentre fuori infuria la Storia. Tutto deve essere tenuto insieme e siamo noi quel luogo: il nostro spazio interno la nostra anima il nostro spirito è quel luogo, il solo possibile, dove tutte le contraddizioni debbono trovare riparo e spazio. Tutto ha senso ella ci insegna con la sua vera vita: Rilke e la morte di Daan. Tutto è ugualmente importante. Nessuna cosa può e deve prevaricare l'altra. Accogliendo e facendo spazio, e in ogni cosa esserci, troviamo il senso della esistenza. Anche in ultimo, come scrive subito dopo la morte di Spier, quando fronteggiamo il tuo più grande enigma Dio e accettiamo che a quello non possiamo risposta.
Incontreremo Etty i prossimi giovedì alla nostra biblioteca di Germinazioni dalle 15 alle 18.30. E poi il 28 sera, alle 20.45, al Fondo Verri, dove avrà luogo la lettura aperta al pubblico del lavoro che stiamo facendo, la riduzione teatrale del Diario in occasione della giornata della memoria il 27 gennaio e il 28, per il Liceo Scientifico Banzi a Lecce. In scena Silvia Lodi Giuseppe Semeraro e il musicista Antongiulio Galeandro con la partitura visiva che Valentina Sansò sta, con la passione e la cura che le è propria, ricostruendo. Io non so ancora il mio ruolo. Mi muovo oggi adesso a scoprirlo. Cominciando come mi è solito dalle parole. La corda che trovo a fianco a me quando sono perduta. Non mi resta che arrampicarmi.
teresa ciulli

2 commenti:

vento ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

...ma poi quando leggo la tua scrittura, che scorre libera seguendo il flusso del pensiero, come quella che caratterizza un diario - il diario di etty come quello di ogni persona - senza la pretesa di essere La Scrittura, quella ufficiale, quella che ci rappresenta (poi di fronte a chi?)... allora penso, penso che non riesco a vederla una espressione di secondo livello, anzi al contrario!
etty, come te sarai, è leggibile e conoscibile grazie proprio a questa scrittura che è emersa necessaria e chiarificatrice di un mentre che, lo si voglia o no, lo si sappia o no, dobbiamo affrontare perchè E' LA NOSTRA VITA.

grazie perchè ami lasciare traccia del tuo mentre.

vale