Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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martedì 18 dicembre 2007

L’ENTRATA IN GUERRA

di Italo Calvino

Il racconto non è un invenzione ma un reale resoconto dei fatti dal momento che Italo Calvino, nato nel '23, era adolescente quando scoppiò la guerra. Sin dalla prima pagina si avverte il totalitarismo:
La ragazza era di sentimenti fascisti. Oggi quando un paio di ragazzi, specie al mare, incontrano delle ragazze non toccano affatto argomenti politici: se è berlusconiana, se è di destra, se è della sinistra radicale, perché in tali “momenti” queste classificazioni sono fuori luogo, oggi siamo liberi ma allora c’era il totalitarismo cioè il controllo su tutto e in tali condizioni bisognava stare attenti a ciò che si diceva o faceva per non avere problemi.
Ricordo di aver visto anni fa un film a bianco e nero, in un liceo femminile, un professore denigrava la fuga vigliacca del Duce, una ragazza infuriata si alzò e andò via dall’aula, e stiamo parlando del dopo guerra pensa prima. Ti accusavano in questura per aver offeso il Duce e ti spedivano in galera.
Il libro è il racconto di un ragazzo di 17 anni, descrive i momenti quotidiani vissuti in quel momento ed è proprio ciò che desidero sapere io e non solo io. Racconta la noia, la quotidianità, i sogni infranti, le incertezze e la rassegnazione di quel lontano giugno del 1940 quando l’Italia entrò in guerra. Le incursione aeree, lo sfollamento, la strana inquietudine durante l’oscuramento e i soldati che partivano al fronte mentre lui faceva la sua parte come avanguardista.
La prima parte del libro racconta di lui e la sua brigata di avanguardisti che valica il fronte italo-francese ma non c’è scontro ma goliardate tra camerati.
Enzo Biagi raccontò che da giovane, quando ritornò a Roma liberata dagli americani, aprì la porta di casa sua e vide mucche, galline e capre. I contadini avevano portato il bestiame in città per sottrarlo alle razzie dei soldati tedeschi nelle campagne.
Sul pulman ho sentito parlare degli anziani della loro gioventù e durante la guerra al cinema, quando l’attrice diceva all’innamorato “Me ne vado via lontano da te” in platea gridavano “Portati la tessera!!!”. Mi piacciono queste situazioni bizzarre e allegre specie in una guerra. Sai per allentare, le tensioni, per andare avanti, per miticizzare la bruttura della guerra.
Nella seconda parte del racconto c’è lui, sempre in veste da avanguardista, che presta servizio nell’UMPA (vigilanti chiamati "umpa" che giravano per controllare) e lui e i suoi compagni facevano le sentinelle in una scuola elementare ed anche qui si mettono a fare i buffoni. Si misero a girare per tutta la scuola con indosso: elmetto, maschera antigas, guantoni contro l’iprite, e con le torce scremate di azzurro sfilavano in parata cantando versi come: Uha! Uha!, u-e-u , un-pà un-pà e facevano rumori con l’accetta e con il campanello di una bicicletta e si affacciavano così bardati alle finestre. Quando ci sono delle forti tensioni non bisogna strafare o per lo meno stare attenti, in simili momenti serpeggia la paura. I passanti infatti, vedendo alle finestre gente in maschere antigas, furono colti dal panico, pensarono che ci fosse un attacco con i gas. La folla fu mandata via con la scusa che era tutta un esercitazione.
Lui e un suo amico decisero di uscire di notte e ad un certo punto, di comune accordo, decisero di andare al bordello. Lì, prima di entrare, incontrarono un certo Palladino, una specie di protettore che aveva lasciato un biglietto di invito ai ragazzi: “Il piacer dell’amore lo sai tu?” Com’erano romantici all’epoca anche se si trattava di un bordello. Il protagonista stava aspettando il suo turno quando all’improvviso suonò l’allarme antiaereo, la gente uscì dalle case mezza svestita correndo verso i rifugi, poi l’allarme cessò. Giunse l’alba e il ragazzo pensava a suo padre che proprio in quel momento si preparava per andare a caccia insieme al suo cane.

l'Araba Fenice

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