Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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martedì 4 maggio 2010

leggiamo ad alta voce

da venerdì 23 aprile
ogni venerdì dalle 15.30 alle 17.30
c/o biblioteca del centro diurno di Lecce
combriccola di lettori aperta al pubblico



Titolo: Ad alta voce Il riscatto della memoria in terra di mafia
Autore: Antonina Azoti
Collana: Diario vincitore del Premio Pieve - Banca Toscana 2004
Edizioni Terre di mezzo
Pagine: 128

"Aranci, aranci, cu li fa' li guai si li chianci". Chi combina guai, li pianga solo. Spirito libero, sindacalista, musicista della banda, Nicolò Azoti è privo della "robba" che ne farebbe un buon partito. Sposa la donna che ama solo grazie a una "fuitina" e quando muore, ammazzato dalla mafia a pochi metri da casa, a chi circonda la vedova e i bambini non par vero di poter scuotere la testa.

Antonina ha quattro anni quando sua mamma le stende sul letto il padre agonizzante; pochi giorni dopo, il cappottino rosso che aspettava per Natale verrà tinto di nero. Nicolò è morto battendosi per la riforma agraria, ma sulla vedova e i due bambini cala il sudario di isolamento e vergogna destinato ai parenti di un "morto ammazzato". Dita puntate, malelingue. Il parroco asperge la bara per strada con l'acqua santa, ma si rifiuta di portarla in chiesa. "Anche Dio - scrive Antonina - lo considerava quindi colpevole?"
Ad alta voce è la storia del lento e orgoglioso percorso di riscatto di Antonina, Pinuccio e della loro madre. Dai tempi della miseria al lavoro da maestra. E al giorno in cui, davanti a tutta Palermo radunata per onorare la morte del giudice Falcone, Antonina sale su un palco e racconta ad alta voce l'orgoglio di essere figlia di Nicolò Azoti, caduto per promuovere i diritti dei braccianti, dimenticato insieme ad altri 39 sindacalisti uccisi nell'immediato dopoguerra.

lettore unico: MASSIMO

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