Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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martedì 13 aprile 2010

Parole senza padrone

Fai finta che qualcuno è entrato in un libro con la scopa in mano. E ha tolto tutto. Ha lasciato la pagina bianca ammonticchiando in un angolo tutte le lettere che compongono le parole. Così, in un battibaleno, di una storia non c'è più niente: solo quell'ingorgo nero, quell'enorme parrucca di inchiostro. Che peccato viene da dire, chissà cosa c'era scritto. Chissà che cosa bella mi sono perduta, o brutta in fondo. Di quella pagina resta solo il gesto, il piglio deciso di qualcuno (è stata Valentina) che riesce a vedere bellezza dove altri vedono perdita rovina cambiamento subbuglio. Che riesce a vedere bellezza nell'errore. Che così sono nate, mi ha spiegato, le sue bellissime copertine della collana di poesia di cui cura l'immagine e la grafica. Basta adesso, facciamo silenzio. Ricominciamo, si può ricominciare anche se non è Natale o Capo d'Anno? E da quel mucchio di lettere facciamo partire daccapo qualcosa, con sei lettere compongo il mio nome, Teresa; con quattro il nome di mio fratello perduto per sempre, per sbaglio e troppo presto come a qualcuno, forse a tanti accade, Pino. Cosa accade dopo che ho sistemate queste due parole vicine? Che torno a unire ciò che la vita ha separato per sempre. In fondo è quello che fa la scrittura. Una colla nera su un fondo bianco che fa sì che il mio pensiero non scappi più. La parola è l'ancora della mia vita su questo mare di pagine finito pur non sembrandolo affatto. La barchetta non si vede. Sta al contrario. Sta sul fondo. Pesca dall'altra parte della pagina, quella che non ci è dato vedere. Galleggia già altrove; nell'eternità dei sentimenti che si rincorrono sempre uguali e noi di dietro a inseguirli. Nella pagina e nella vita noi inseguiamo e siamo a nostra volta inseguiti. Ma quel correre per chi scrive, per chi legge, per chi lo insegue, lascia tracce: sono i suoi piedi le sue suole, le sue suole consumate, i suoi piedi nudi quando la scrittura la lettura e l'inseguimento raggiunge il mai raggiunto prima. Vedi queste lettere davanti a te, queste: le nostre orme, i nostri tre personaggi mischiati insieme. Come le lettere in un angolo, quelle lasciate da Valentina. Sono solo in verità niente altro che un mucchio di orme senza più il padrone, anzi. La tua è diventata mia e la sua, tua.

teresa ciulli

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