Ci piacciono i giardini. E i semi che a quei giardini, se ci credi e ne hai cura, ti conducono.
Sono giardini di storie. Quelle che troviamo ogni venerdì pomeriggio, quando ci incontriamo per leggere, nei libri. Ma giardini di storie sono anche le nostre vite, i nostri singoli destini che ogni venerdì, alla stessa ora, noi affacciamo su un cerchio dove sta al centro, un tavolo dipinto alcuni anni fa da noi stessi. Su quel tavolo poggiamo i libri, le cioccolate in inverno, la coca cola d’estate anche a se a me non piace. Da quel cerchio, da quel confine tu puoi vedere il nostro giardino. E alzandoti dalla sedia, entrarci dentro. A turno innaffiamo le piante che ci crescono, sono alberi sempre più alti e ombrosi, e a turno facciamo gli umili lavori che servono al giardino e a noi stessi. Leggere ad alta voce è la linfa che scorre in questo giardino. Liberiamo dalle voliere, senza che quelli facciano più ritorno, storie autori personaggi luoghi che girano ormai insieme a noi in questa città in cui facciamo crescere, pianopiano, come è d’obbligo per l’albero, una fraternità cucita con libri d’avventura.


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domenica 24 maggio 2009

Il seme della memoria


Ho tenuto attaccato sul frigorifero per oltre un mese certamente, lo scontrino dell’ingresso al cinema dove siamo andati io e Sergio a vedere Fortapasc, il film di un noto regista italiano, mammamia che pessima memoria, dedicato a Giancarlo Siani, il giovane giornalista di un comune vicino Napoli, ucciso dalla camorra a causa delle sue inchieste. Un film toccante privo di retorica su un antieroe, su uno che semplicemente voleva fare il suo lavoro: fare il giornalistagiornalista, come gli spiegò il suo capo redattore durante una passeggiata su una riva piena di monnezza, e non il giornalista impiegato. Noi siamo l’Italia, noi siamo questo paese che uccide i giovani uomini e le giovani mamme che si volgono alla politica per difendere dalla speculazione edilizia un pezzo del luogo dove esse vivono con la loro famiglia, come fu, 25 anni fa per Renata Fonte, assessore alla cultura del comune di Nardò che si batteva in difesa del territorio, oggi riserva naturale di Porto Selvaggio. Noi siamo questo paese, io e te. Noi con il nostro comportamento, che invece assai spesso è omissione di comportamento, abbiamo lasciato soli Giancarlo e Renata. Libera, l’associazione fondata da Luigi Ciotti diversi anni fa e che raccoglie numerose Associazioni e individui nel suo progetto di educazione alla cittadinanza, se vai nel suo sito trovi raccolti i nomi delle persone che in Italia sono state uccise dalla mafia perché hanno denunciato un abuso di potere o un comportamento illegale contro la comunità e la promessa del loro impegno a perpetrarne la memoria per lo sviluppo futuro del paese che non ha saputo difenderli. Sono otto pagine fittefittefittefittefitte, di nomi. Un abisso, una guerra che si svolge oggi qui a fianco a me a te. Di pochi mesi fa l’uccisione nel Salento non mi ricordo più dove, le notizie i nomi non riesco più fermarli dentro di me, scorrono nel grande mare dell’insignificanza che è la prima ragione di morte di me come persona nella comunità e nel luogo che mi ospita. Tutto sembra così grande così intangibile, così fuori misura, e invece basterebbe scrivere il nome di un assessore ucciso perché scomodo, nella propria testa. E invece bastano pochi chilometri di distanza da un fatto, pochissimi in questo caso, per archiviarlo come cosa che non mi riguarda. Eppure tutto il mondo mi riguarda. Una ferita un crimine che si consuma in Campania, le discariche abusive a cielo aperto dove arrivano camion da tutta Italia a depositare a cielo aperto i loro veleni, mi riguarda. L’etica libera la bellezza ha dichiarato e scritto Luigi Ciotti sui manifesti gli stendardi la rivista che hanno accompagnato la marcia di Libera quest’anno a Napoli, il 21 di marzo, era il primo giorno di primavera e per questo me lo ricordo. Io lo credo, anche se non lo pratico non tengo sveglia la mia mente non memorizzo. Oggi in questa giornata dedicata alla condivisione, si aprono i cortili delle più belle dimore storiche di questa città dove vivo da vent’anni, i due quinti della mia vita, perché io sono nata a Bari e lì, nel mare antistante al porto sta piantata la mia lingua la mia formazione i miei affetti i miei brividi di bellezza e di stupore, voglio condivider con voi visitatori un progetto: quello di raccogliere fondi, attraverso al vendita di trenta spillette, per la nostra Associazione culturale Germinazioni. Un gruppo di lettori che è nato tre anni fa come Presidio del Libro dentro una istituzione sanitaria, il Cim di Lecce. Presidio nato dall’entusiasmo e dalla bravura, dai saperi di Valentina Sansò, che ringrazio l’allestimento della mostra insieme a lei è curato, e che oggi si muove in un territorio aperto, e libero. Come associazione culturale intendiamo continuare quello che in questi anni abbiamo già realizzato: azioni, processi creativi sull’amore per i libri per la letteratura, aperti alle città. Come associazione culturale noi possiamo mi piacerebbe moltissimo, associarci a Libera, che raccoglie migliaia di sigle al suo interno. E muoverci nella sua orbita in cui la cittadinanza, in tutte le sue manifestazioni, viene promosso valorizzata integrata in un tessuto di piena complessità. Questa raccolta di fondi va dunque a questo progetto, no, desiderio: creare un nodo etico fra la nostra associazione e quella di Luigi. Mi entusiasma sempre il pensiero di esse un tramite, un ponte da qualcosa a qualcos’altro. Oggi nel giardino della Ratta pianto un seme in questo agrumeto, un seme che di certo non è stato ospitato mai. Ma si sa il vento e la cacca degli uccelli sono i primi veicoli di diffusione della diversità e dell’abbattimento delle barriere fisiche, dei muri. Il seme di un impegno mio a ricordare bene subito e scrivilo Teresa, per sempre, il nome di un uomo di una donna che vicino a me cadono per amore di qualcosa. Per amore del loro lavoro: io sono un giornalista; per amore della loro terra: io Renata che sono nata e cresciuta a Nardò. Il seme della memoria. Che ci fa essere cittadini adesso, ora, qui.
Teresa Ciulli

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